VIII. dal tempo in cui
di tempo in tempo
giaceva ai suoi respiri
con folle di trucidi ciclopi
nel tempo esauriva se stesso.
Unica follia, unico rancore
e schegge infisse nelle pupille vuote:
per riflettere
e solo per riflettere
cantò alla luna quel quinto verso d’Europa,
levigati chiaroscuri battevano alle porte
e batté girando le case
sui cieli in se a mutarsi;
battere e suonare squilli brevi
e narrare la diagnosi
vendendo nel plico
la consumata ricetta dell’immortalità.
Ma
come non credere al tempo
se
e cuore
di te mi chiamano poeta.
NB oppure è impazzito, allora
per non ritrovarsi più
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