E poi arrivarono i cosiddetti deprogrammings, e alla fine mi sentii completamente vuoto e non provavo più nemmeno gli odori. Giravo per le stanze per conoscere casa mia. Come vivessi in un corpo che non era il mio. Mi trascinavo stanco. Uscirono dalla porta spiegandomi che quello era il trattamento obbligatorio, quello base. Che spettava a tutti; gratuitamente. In realtà io non avevo sofferto di nessun disturbo. Per quanto c’era nel mio fascicolo personale ero un cittadino modello.
Dopo, per un attimo, non si riusciva a sentire nemmeno un cinguettio d’uccello, nemmeno il rumore del vento. O ero io ad immaginarmi così. Mi sentivo confuso e frastornato. E’ normale. Mi affacciai alla finestra per cercare di riconoscere il paesaggio. C’era una conifera e prima il giardino. In quel momento nemmeno un’auto che passasse. Quello era un quartiere residenziale e molto tranquillo. A suo tempo lo avevo scelto per quello. Ero rimasto anche dopo che Arianna se n’era andata. Sospettavo avesse scelto la latitanza e si fosse allontanata per quello. Non saprò mai la verità.
Poi vennero i pulitori. Rovesciarono tutta la casa. Tolsero tutti i quadri e le fotografia. E un sacco di altre cose. La lasciarono completamente vuota. Tornarono dopo poche ore. Ridipinsero le pareti di un bianco opaco. Sostituirono i mobili con altri che loro dicevano di architettura funzionale; magnificamente freddi ed essenziali. Bocciarono anche parte del mio guardaroba. Avevano con loro un elenco meticoloso. Completarono la mia disponibilità di elettrodomestici. Fissarono al muro una enorme tele piatta con i canali già preimpostati. Mi fornirono infine di una serie di cd con varie registrazioni di silenzi.
Poi venne l’ingegnere dell’eticità o qualcosa di maledettamente simile. Di quelli bastava uno per visita. Mi osservò attentamente e ne sembrò soddisfatto Si guardò anche in giro. Loro erano temuti anche dal personale che gli aveva preceduti. Disse che era stato fatto un ottimo lavoro e che, per mia fortuna, avevano potuto cancellarmi completamente la mia vecchia ram sensuale. Prima di andarsene mi consegnò il manuale delle mille parole consentite. Volle anche concedermi un po’ del suo tempo per regalarmi un po’ di consigli. L’ingegnere si chiamava Angel.
Come faccio a ricordarmi questi particolari. Prima del prima avevo fatto quella telefonata. Avevo avvisato dell’inizio del trattamento obbligatorio il mio haker. Aveva già le mie chiavi. Era venuto quella stessa notte, subito dopo cena. Una breve chiacchierata e dopo ci aveva messo un attimo a ripristinare tutto e a farmi ritrovare la memoria. Una breve rimpatriata, un bicchiere e ci siamo salutati velocemente; per sicurezza. Giusto il tempo di darmi le disposizioni. Forse non ci vedremo più, salvo non ne abbia nuovamente bisogno. Solo in caso di urgenza e necessità. Ho cancellato il numero della chiamata dopo averlo mandato a memoria.
Non sono nemmeno teso. Dovessero passare avvertono con breve anticipo. Basta mantenere la calma, un po’ di collirio e non cambiare quell’espressione attonita che hanno tutti i vicini. Sto facendo pratica già da un po’. Ora abbiamo dieci milioni settecento venti mila titoli nella biblioteca della memoria. Per essere estremamente precisi: e trentasette. Non è quello il punto. C’è un ponte di comunicazione. Ho una connessione pirata veloce e affidabile, nonché sicura. Non chiedete a me? Non sono bravo in queste cose. Credo si agganci direttamente alla telefonia interna del ministero. Di quale non so. E che ne sfrutti errori di cablatura. Così ha cercato di spiegarmi il mio salvatore. Ho anche un nome in codice e un nuovo profilo e una mail. Anche quella, mi hanno assicurato, assolutamente sicura. Dovrei cercarla Arianna. Temo di metterla in pericolo. Il mio compito è riportare le notizie dalla vicina Loira e, questo è l’incarico più difficile e delicato, dalle banlieues parigine e di Roma. Almeno finché non trovano qualcuno da affiancarmi per dividerci il lavoro.
Fahrenheit punto zero
27 luglio 2013 di Mario
Rispondi