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Archive for 12 agosto 2008

Agosto, tempo di saldi.
Puoi dire quello che vuoi, poi la realtà ti guarda negli occhi. Non puoi più fare niente prima di adesso. Puoi ridere e puoi piangere, puoi soffrire o gioire, puoi sentirti morire o annoiarti; vedere le cose doppie per essere rimasto troppo sopra un libro; cercare di mettere una canzone per, magari, scoprire che non è la canzone adatta; che anche quella fa male. Puoi tornare ad avere vent’anni (ma questo solo per un attimo). Cercare di illuderti. Sognare (ormai) è più difficile. Puoi tutto; è solo un blog. Ieri mi sono svegliato e avevo ottant’anni. Mi sono accorto che non servivano a nulla. Non ero più saggio del giorno prima. Ero solo, se possibile, più brutto. Semplicemente più vecchio. E più stanco. Ora che ci penso forse anche più sconfitto. Più scettico. E non è che avessi meno dubbi. Forse più rassegnazioni. Non si migliora. Avevo solo un pugno di sassolini bianchi. Chi se ne frega? Non interessano a nessuno. Nessuno ti sta nemmeno a sentire.
Ho un cuore in frantumi per amatrici che ne vogliono approfittare. Sono schegge di un cuore senza valore. Sono disposto anche a regalarlo; non saprei che farmene. In questo caso, per quanto stenti a crederlo, le risposte sono sempre diverse da quelle che ti aspettavi. Gli altri hanno sempre ragione anche se magari ti sfugge su cosa si basa quella ragione. Puoi cercare di capire anche quando ti sembra che non ci sia niente da capire. Puoi metterti in discussione, non puoi farlo con chi non vuole. Quella cosa non sembrava proprio così ma chissà se almeno qualcuno è disposto a crederci? Puoi anteporle silenzio e annegarla di silenzi. Parlando da solo dici solo le cose che già sapevi.
Il privato invade il politico. Riesce difficile, col caldo che fa, parlare di cosa succede. Forse tornerò a parlare di quello che ha preceduto il 1993. Di quello che si è succeduto al 1993. Forse cercherò di capire perché. Se avessi quel minimo di intelligenza forse lascerei stare. Ho paura di capire (possibilità remota che potrebbe succedere solo grazie alla fortuna, non certo a mie capacità) perché non c’è governo e non c’è opposizione. Perché alla fin fine non ne abbiamo bisogno. Ho soprattutto paura di capire chi comanda questa nave alla deriva che è l’Italia. Ma infondo di cosa mi dovrei preoccupare? Ho un sicuro posto di merda e, ora, la nomea di fannullone. Ho delle ferite che non vogliono rimarginarsi, ideali che non si trovano più nemmeno al mercatino delle pulci, ricordi che mi rincorrono come ossessioni da un passato che non sembra più nemmeno mai esistito e la speranza di arrivare alla pensione per continuare a fare niente.
Anche se sto zitto si capisce cosa sono, e non ho nemmeno un piano di evasione per questo ergastolo assurdo ed esagerato.

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