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Archive for gennaio 2008

Composizione grafica di Mario DG.

Parlare di musica non rappresenterebbe una grande novità se non pensassi che la musica, almeno come l’ho vissuta io e quelli della mia età, stia scomparendo; allora forse vale la pena provare a parlarne. Avrei voluto chiamare questa rubrica “Leggera”, per paradosso; per quella che è stata definita in mille modi ma considerata sempre (appunto) leggera e di consumo veloce. E’ solo musica e la musica non si spiega (e non si piega): la si ascolta o la si lascia entrare. Alla metà degli anni ’50 nascono due nuovi soggetti: il giovane e la musica. Nel decennio successivo la musica si afferma (oltre che come oggetto di mercato) come qualcosa di più di una cortese compagna di viaggio o di divertimento. Questo vuole essere un viaggio nello spazio e nel tempo partendo da allora, quando la musica si consumava a 45 giri. Cercherò di non annoiare con tante parole sui nomi che qui e là compaiono giacché si possono trovare nella rete, con un poca di buona volontà, molte più notizie di quelle che riuscirei a far contenere in questo spazio. L’inizio nasce apparentemente quasi d’improvviso al di là della manica con quel fermento che porta nel mondo i nomi dei Beatles, Rolling stones, Yardbirds, Animals di Eric Burdon, Kinks di Dave Davies, Them di Van Morrison, Spencer Davis Group di Steve Winwood, etc. e questa invasione britannica verrà chiamato beat. Quattro ragazzi londinesi, con un’aria da “non sono stato io” e le giacche con la Union Jack, proprio quelli che fracassavano gli strumenti, nel 1965 propongono quella che diverrà, con la Dylaniana The time they are a-changin’, il manifesto di una generazione. Nelle registrazioni del disco erano accompagnati da un unico sessionman: Nicky Hopkins al piano. Parliamo degli Who e di, appunto, My generation. (Gli Who in seguito presenteranno alcune delle prime opere rock; è ancora una esperienza rivedere quel Tommy del 1969, così come resta un piacere riascoltare, ad esempio, il loro The Who sell out del 1967)


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