Feeds:
Articoli
Commenti

Archive for 6 luglio 2013

Aveva lasciato che la prendesse per mano. E si era fatta portare. Con un vago senso di disagio. Di pericolo. Anche per la loro amicizia. E di confusione. Né era sorpresa. Riusciva a non pensare. Ma era una fatica. Non riusciva a dare un nome alle cose. A quella cosa. Alla loro storia. Provava simpatia per lui. Solo simpatia? E difficile dare a tutto un nome. Soprattutto quando le cose non hanno un nome. Soprattutto quando non vuoi. Che bisogno c’è di spiegare tutto? Di aggrapparsi alla ragione? Di analizzare? In fondo i giorni sono tutti uguali. E la vita ha i suoi diritti. E deve essere vissuta. E si sentiva come quella barchetta nel mare in burrasca. Ma era decisa a non far vedere quella sua fragilità. Era stupida. E sciocca. E si scostò quella ciocca dagli occhi. Maledetto settembre.
Quando le aveva chiesto un bacio non aveva alcun motivo di dirgli di no. Aveva una nuova domanda che si era taciuta: Perché? Avrebbe voluto che significasse. Per lei. Per lui. Non le aveva dato alcuna emozione. Una cosa distante. Che non riusciva a possedere. Che non la coinvolgeva. Estranea. Lei era una donna. Lui un uomo. Forse bello. Forse affascinante. Nient’altro. E forse già le diventava estraneo. Nessun’altra emozione. Non era stato come si raccontava. Nemmeno ci aveva sperato. Non era la prima volta. Forse non sarebbe stata l’ultima. La vita non finisce con un bacio. Nemmeno finisce, per questo. Il vento frusciava fra le foglie. Fuori dai finestrini. Avrebbe voluto implorarlo di riportarla a casa. Di mettere in moto. Non sapeva perché. Una ragione doveva esserci. Al contatto di quelle mani il suo corpo s’era fatto un rifiuto. L’aveva tradita. Era come se guardasse le cose da un altro punto di vista. Se tutto ciò capitasse ad un’altra persona. Forse era quella l’indifferenza. Qualcosa, una cosa o mille, non le permetteva di lasciarsi andare. Si ripeté in testa il suo nome: Giulio. Non le creava fastidio. Imbarazzo. Semplicemente assenza. Nessun turbamento. Aveva voglia di piangere. O di gridare.
E di nuovo quando l’aveva cercata l’aveva lasciato fare. Nessuno avrebbe potuto vederli. Lei avrebbe voluto non vederlo. E non vedersi. Improvvisamente desiderò non essere là. E tornò a sentirsi semplicemente stupida. Per fortuna lui non aveva cercato un altro bacio. Le sarebbe stato troppo. Le veniva da scappare. E un leggero senso di nausea. Il sole si stava spegnendo. Guardò l’ora e si accorse che era un gesto sgarbato. Lui la stringeva come avesse paura che volasse via. Sentì freddo. Una leggero brivido veloce e passeggero. E poi lo avvertì entrare. Anzi cercare di entrare. Subito si era intimidito. Anche questo non era la prima volta. Anche questo doveva dipendere da lei. Ma non riusciva proprio a partecipare. Non completamente. Era sempre più estranea. Qualcosa la bloccava. Si nascondeva dietro un pensiero vago. Dietro quella estraneazione. Eppure avrebbe voluto essere più presente. O non essere là. Avrebbe voluto poter scegliere. Lo aveva lasciato fare.
Non era fare all’amore. L’amore era un’altra cosa. Sognava l’amore e come lo sognava non lo trovava. Non era stato nemmeno sesso. Come un gesto tra disperati. Avrebbe voluto solo dirgli: “non fa nulla, non ti preoccupare”. Non aveva il coraggio nemmeno per quello. Lui sembrava tenerci così tanto. Sembrava così dispiaciuto. Aveva cercato di mostrarsi tenera. Comprensiva. Era solo annoiata. E in macchina è una cosa così… così… imbarazzante, scomoda, persino sporca. No! non s’era mai sentita sporca. Non l’aveva nemmeno mai fatto in macchina. Perché era così? Mica era la prima volta. Ma era sempre stato così. Quell’apatia. Quell’estraneità. E s’era inventata quella pazienza. Non che lo vivesse come una colpa. Era normale, tra un uomo e una donna. Voleva vivere. Non era viva. Cercò di aiutarlo. I suoi stessi gesti le erano estranei. Come mandati a memoria. E si diceva: devi farlo. E gli diceva in silenzio dentro la mente: coraggio. Ma anche: sbrigati. E: che aspetti. E: se non sai non fare. Le faceva solo pena. Alla fine l’ebbe vinta. Si rilassò e tornò a lasciarlo fare. Una sirena spaccava da lontano il fluire dei rumori mescolati tra loro. Si sentiva come in un cinema.
Sembrava orgoglioso di sé. Aveva voluto chiederglielo. Lei aveva sperato che non lo facesse. Non c’era nessuna prova da superare. Non era una competizione. Semplicemente ancora una volta non aveva funzionato. Semplicemente non era stato bello. Cioè era stato bello, ma anche distante. Non bello come avrebbe voluto. Non veramente bello. Lui non aveva colpa. Non era riuscita ad abbandonarsi. Invece si era trincerata in sé. Nascosta. Chiusa. Il suo corpo s’era fatto ghiaccio. Insensibili. Ancora una volta. Come ogni volta. Semplicemente l’avevano fatto. Forse era dentro di lei quello che non funzionava. O forse era tutto là. Nessun mistero. Nessuna grande emozione. Eppure lei non aveva mai vissuto il sesso con un senso di vergogna. E non aveva senso alcuna paura. Decise che non sarebbe durato. Lui non le aveva chiesto nulla. La sua era una continua ricerca di niente. Forse semplicemente per l’illusione di una sorta di normalità. Avrebbe voluto essere come le sue amiche. Nemmeno quello? Avrebbe voluto amare. Amare qualcuno. Semplicemente se ne sentiva incapace. Era riuscita a dargli solo la sua pazienza. La sua comprensione. Annoiata. Forse non era sempre stato così; ma non aveva un ricordo. Gli rivolse un sorriso. “Si! Sei stato bravo; ora però torniamo”.

P.S. scordato tra le bozze dal 21.12.2011

Read Full Post »