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Manifesto Justice For Vittorio

Vittorio Arrigoni nasce a Besana in Brianza il 4 febbraio 1975. Vittorio, per gli amici Vik, è stato reporter, scrittore, ma soprattutto attivista internazionale. Vittorio è morto ammazzato a Gaza il 15 aprile 2011. Sui mandanti, almeno su quelli morali, credo non ci siano dubbi: gli integralismi e i fanatismi di qualsiasi parte (sia politica che religiosa). Per il resto il processo non vuole andare avanti. La sua pare una verità scomoda per tutti. E poche voci si alzano anche dall’Italia per chiederla. Vittorio era dalla parte dei più deboli, era dalla parte dei Palestinesi. Vittorio era nella lista nera. Ma che ci faceva Vittorio a Gaza?
Vittorio faceva da “scudo umano”. Ma cosa vuole dire fare da “scudo umano”? Vuole dire fare schermo con il proprio corpo per permettere ai bambini palestinesi di andare a scuola, ai pescatori di pescare, ai contadini di coltivare. Mettendo a rischio, certo, la sua stessa incolumità. Coloni e soldati quasi mai vanno tanto per il sottile. Ma davanti ad un attivista internazionale, magari testimoniato con telecamera, una riserva in più la fanno. E allora non puoi reagire, è questa la prova più difficile. Non puoi reagire perché metteresti ulteriormente a rischio l’incolumità di chi stati difendendo: siano essi bambini, pescatori, contadini; gente comune. Perché scateneresti ancora di più la rabbia dei macellai. E a Gaza Vittorio era il grande amico degli ultimi, dei Gazawi.
Immagine di Rachel CorrieVittorio e stato ucciso a 36 anni, ammazzato come tanti altri. Come tanti altri a Gaza e in tutta la Palestina occupata. Come Rachel Corrie (Olympia, 10 aprile 1979 – Rafah, 16 marzo 2003) anche lei attivista dell’International Solidarity Movement (ISM). Come tale, aveva deciso di andare a Rafah, nella striscia di Gaza, durante l’Intifada di Al Aqsa. E’ stata uccisa nel tentativo di impedire ad un bulldozer corazzato dell’esercito israeliano di distruggere alcune case palestinesi. Anche per lei non c’è giustizia: i tribunali israeliani hanno sentenziato che è finita sotto un muro pericolante crollato e/o altre sciocchezze simili. Nessun responsabile, nessuna condanna per l’assassinio di questa ragazza di soli 24 anni.
Certo non è facile vivere nella striscia di Gaza, né in tutta la Palestina. Non è facile essere palestinese; né all’interno della propria patria, né in un campo profughi fuori dalla Palestina, né ramingo per il mondo. Ma i morti palestinesi sono morti senza nome, sono solo donne, uomini, vecchi, bambini. Sono numeri di un lunghissimo elenco che pare non debba finire mai. Sono prigionieri dentro la propria terra. Privi di diritti. Privati del rispetto, e della dignità. Privati della possibilità di lavorare, di una casa, persino dell’acqua. Ci resta in gola una domanda: «si può ancora credere alla favola che esista un intero popolo di terroristi»?
Oggi a Gaza, a difendere dai diritti negati, dalla stessa vita negata, a porsi tra la vita stessa e gli assassini, c’è una giovane ragazza napoletana: Rosa Schiano (Rosa Schiano Stay Human).
Ci piace pensare che Vittorio è tornato a Gaza per aggiungere nuove testimonianze al suo libro: «Gaza. Restiamo umani. Il Manifesto-Manifestolibri». E continueremo sempre a chiedere «Giustizia per Vittorio».

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