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Fatto locale

Non l’avessi sentito proprio con le mie orecchie… Era un uomo avanti con gli anni, tanto che questi lo piegavano, vestito modestamente, ma di quelle genti ed età in cui si fa del non ostentare un modo di vita, pure aveva occhi ancora vivaci, pieni di lampi. Accompagnava una sorella quasi incapace di vivere e lo disse con orgoglio e furbizia: lui aveva un hobby anzi una vera e propria passione: i supermercati. Gli occhi vivaci ne erano compiutamente affascinati. Pensai che non ne avrei sentito parlare più e invece mi sbagliavo. Non più di quattro righe nella pagina della cronaca locale. Era riuscito, non si sapeva come, a lasciarsi chiudere dentro e per tutta la notte aveva continuato a girare tra gli scaffali. Non è da escludere nemmeno che più semplicemente fosse rimasto sbadatamente imprigionato alla chiusura perché là notte lì mica era come il giorno, era solo un gioco d’ombre e di silenzi. Lo trovarono il mattino abbracciato ad una pila di barattoli di pelati. Gli occhi sgranati. Non si capiva se avevano del terrore o una estrema meraviglia; quegli occhi. Non era più in grado di dare alcuna spiegazione.

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A lagnarsi che nulla si muove c’è il rischio di invitare a muoversi il peggio. Comunque doveva covare sotto le ceneri. Ma poi neanche molto: era una sorta di segreto di Pulcinella. Forse solo io, illuso, speravo fosse satira.
In realtà non sono una gran giocatore di scacchi; non sono nemmeno un mediocre giocatore di scacchi. Sì e no ricordo come si muovono i pezzi. E sotto sotto non sono nemmeno poco impaziente. Una cosa la so: quando hai il nero, cioè quando non hai il bianco, perché parlare di nero mi disturba la prosa, se sei furbo (leggi assennato) miri al pari. Se viene qualcosa in più viene. Forse qui io, e tutti noi, abbiamo sbagliato. Siamo andati all’attacco pensando che la politica si può anche cambiare. Che può tornare una cosa seria. Che può fare gli interessi di tutti e non di qualcuno. Che può essere usata per cercare di costruire un paese, una città, un vivere migliore.
In estrema sintesi, perché i fatti locali non interessano che i locali. Il buon Ersilio ci accoglie con gentilezza. Quasi contento di vederci. E’ diventato nonno di un vispo maschietto. La notizia è in tempo reale. E’ disposto a tutto. Ci offre il grappino. E’ d’accordo su tutto. Ottime idee. Alcuni giorni dopo ha “occasione” di sentire Vittorio Bozzolan. Non è proprio più d’accordo su tutto, qualcosa non gli garba, anzi non è d’accordo più quasi su nulla. Ma non s’era detto parità e rispetto per tutti? Devo essermi distratto o la memoria fa brutti scherzi. Ora spiega a Martino anche che è meglio che non metta quella cravatta in campagna elettorale perché fa troppo poco estremista. Infatti Martino non lo è mai stato e la cravatta l’ha sempre portata con disinvoltura. Alla fine aggiunge che per chi governerà il gregge decideranno loro. Già mi devo guardare dai camaleonti. Mi resta una domanda: Chi potrà convincermi che la nostra ipotesi, il candidato ancora senza nome ma con un volto, è peggio presentabile (e soprattutto meno vincente e, pertanto, convincente) del solito Godzilla? Non è forse che anche gli ideali hanno bisogno di stare seduti comodamente, e che, comunque, ci si preoccupa prima del proprio piccolo orticello (gruppo o partito che si voglia, e culo) che del pericolo di poter anche vincere?
E’ più importante che prenda più voti la propria lista o che l’insieme della coalizione governi in comune? Per me la domanda sarebbe scontata; già! ma io in politica sono sempre stato in piedi. Non mi sono seduto su una carega nemmeno se era del bar o per stanchezza. Non che la scelta sia stata indolore ma ho sempre dormito senza rimorsi.

Mi piacerebbe proprio avere pareri più competenti; che poi il nostro, quello proposto, è un modello che va bene in tutte le occasioni, sia da mattino, che da pomeriggio, che da sera.

Se non ci sentiamo prima ci sentiamo puntualmente mercoledì prossimo che sul calendario fa, se non sbaglio, 26.

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