Non ho nessun ruolo per azzardare un’analisi del voto. E’ solo che vorrei capire, ma che diritto ho io di pretendere di cercare di capire? Hanno perso tutti e ora cercano di perdere anche quelli che stanno festeggiando. Con quel tutti voglio dire i partiti. Nessuno certamente può prendersi il merito di questa vittoria. Magari hanno collaborato, strada facendo. Magari qualcuno, per i secondi due referendum, si è anche speso a raccogliere le firme. Non ho risposte. Solo dubbi. Una cosa è certa: i quesiti non avevano valore politico. E’ quel quarto quesito che mi frastuona.
La mia non appartenenza a partiti. Attenzione, questo non significa che non sia di parte, tutt’altro. Il mio non coinvolgimento diretto in un comitato. Tutto questo mi consiglierebbe un mite silenzio. Ma ho firmato, invitato, partecipato, collaborato, posto i miei 4 doverosi “Sì“, infine goduto. Goduto come un porco. Proprio come nel vero senso della parola. Cosa mi spinge a chiedermi cosa è cambiato? Forse solo una speranza o una illusione. Forse un vizio.
Sicuramente è una vittoria degli italiani, delle genti di questo paese chiamato Italia. E’ sempre una vittoria degli elettori ad ogni elezione. Questa volta lo è di più. Trovo inutile tornare su quanto quel popolo si sia manifestato in piena autonomia e, anche, in aperto contrasto con il mondo della politica. Un mondo forse quest’ultimo che ha definitivamente e drammaticamente perso il rapporto con il paese reale. Un mondo che ha paura della piazza. Della gente. Della sua stessa gente. Che non sa tessere un rapporto con la realtà. Con quella famosa società civile. Con l’universo delle associazioni. Che non ha sensibilità per capire le “nuove” esigenze. Ma cosa spinge chi ha vinto a mutilare la vittoria?
C’è sempre quel quarto quesito che mi frastuona. Intono a me ho tutte persone di sinistra e tutte si sono spese per il “Sì”. Senza risparmio. Ma è probabilmente un campione non attendibile. Si dice in giro che è una vittoria della “Rete”. La mia pagina di Facebook è invasa da richieste di dimissioni del Premier, e di bandiere rosse. Tutte, le une e le altre, del popolo del “Sì”.Ma anche quello può essere un campione non significativo. I comunisti si mescolano solo tra loro. La televisione ci spiega che hanno votato, e perciò vinto, anche quelli del centro destra. Mi sento un po’ espropriato, è il prezzo delle vittorie di oggi che paiono sempre mezze sconfitte. I “Sì” a questo quarto quesito però non mi sembrano un consiglio amichevole.
Roma – Piazza Bocca della Verità: giustamente i romani si ritrovano a festeggiare. Qualche bandiera “di parte” ma soprattutto vessilli referendari. E tanta gioia. E tanto orgoglio. Giustamente. Sono anche i miei sentimenti. Mi sento parte, piccola parte, di quel popolo. Il popolo del “se non ora quando” con cui mi sono mescolato. Il popolo di tante piazze che in tanti anni ho vissuto e gioito. I comitati, che paiono essere usciti dal niente, chiedono di essere loro i protagonisti, giustamente. Chi? Non vogliono il dialogo in televisione perché non accettano l’intrusione dei partiti, giustamente. Vogliono il palco. Loro hanno proposto i quesiti, almeno (in via quasi esclusiva) i primi due. Loro hanno fatto il lavoro duro, anzi tutto il lavoro. Ma chi rappresenta quei voti? Anche il mio? Lo rappresenta quel manipolo che attacca un unico politico: Bersani? Quelli che non accettano il dialogo con quella parte del servizio pubblico che è RAI3? C’è un unico nome o una elite di nomi che può rappresentare quel voto e che decide che la piazza non dialoga e non è politica? Di quella politica che è di parte e può essere persino ideologica pur non militando sotto una precisa bandiera? Cioè senza incrementare il mercato delle tessere?
E tutto come ieri? Non credo. E’ un voto privo di carattere politico e senza una ricaduta sull’assetto del potere? Non credo. Il dato finale non è patrimonio della sinistra ma, a mio modesto parere, ne contiene una gran parte. Di quella stessa sinistra che ama farsi male. Di quella sinistra che diventa mille sinistre e mai una vera. Qui potrei anche aver usato il termine di centro-sinistra. Non vedo istanze radicali in questa espressione di volontà che sono i “Sì”. Se c’è una radicalità dovrà andarsi ad esprimere trasformando il risultato in politiche. Ed è a questo punto che è doveroso tornare alla piazza. A questa ed a ogni piazza. A quelle piazze che gridano insieme e che nel fare si muovono in mille individualismi e autonomie. Mi resta in gola la domanda: allora, sono tra chi ha vinto, tra chi ha perso o tra chi ha pareggiato? Nel mio comune siamo andati oltre il 60% e al successo ho partecipato anch’io che non sono né partito né comitato. Io, cittadino. E uomo di sinistra.
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4 Sì il giorno dopo
Posted in Diogene non abita più qui...., Politica, tagged 4 sì, acqua, ambientalismo, associazioni, bene comune, comitati, gente, istanze, legittimo impedimento, nucleare, piazza, Politica, privato, pubblivo, referendum, sinistra on 15 giugno 2011| 4 Comments »
Dell’impegno
Posted in Lettere, Politica, Tutti pazzi di Lei, tagged amore, appagamento, associazioni, bellezza, comitati, commento, condivisione, consigli, coppia, dialogo, diario, felicità, Fiorella Mannoia, Franca, ironia, Lei, lui, Musica, passione, Politica, pudorfe, ricette, Rossana, Rossaura Shani, Sally, scrittura, sensibilità, vissuto, viverew on 12 luglio 2011| 2 Comments »
Cara Meravigliosa Compagna
Già mi sembra stuzzicante e gradevole cominciare così una lettera, e dico stuzzicante e gradevole per non usare toni da iperbole. Inoltre mi sembra assolutamente poco frequentato. C’è una gran voglia di vivere nel dettato delle mie parole. Sentimenti forti. E lo faccio seppure l’argomento mi crei sempre, come sai, un certo imbarazzo. Il timore del rischio di usare le parole per farsi bello (belli?). E denuncio la presenza sempre di una componente di ironia nel contesto. Io ripeto che non ho ricette e non posso suggerire la mia che è solo mia e funziona solo alle nostre condizioni. Quello che per noi è sogno potrebbe non esserlo per gli altri. Soprattutto IO come sogno mi sembra una bestemmia. Anche per un comune senso del pudore. Ma perché una lettera? Perché parliamo e parliamo cominciando a farlo presto il mattino, con una gran voglia di “trovarci” e comunicare. Di cosa si parlava stamattina? ah sì! del debito. Ma non abbiamo barzellette migliori da raccontarci? A volte scopriamo spazi che ci sembrano adatti ad essere poi comunicati. Così abbiamo fatto dopo una conversazione, che poteva sembrare faceta, sull’uso che fanno le donne del bikini. Era, lo ribadisco, un pretesto. Così hai fatto nel tuo ultimo post. Forse quel post avrebbe dovuto chiamarsi “Amore e impegno”, oppure “Eros e Titoli di Stato”. E dell’amore, più che altro dell’amore, si è parlato; anzi io ho parlato soprattutto di quello. Non diffusamente, certo confusamente, ed era un po’ voluto, con molti omissis, ma di quello. Ma i termini da te posti erano due ed erano, in quel contesto, indissolubili. Condividere interessi e ideali è certo un grande aiuto all’interno di una coppia, di un rapporto. Non scordando l’influenza e l’ingerenza della fortuna e di una grande spinta di attrazione che trascina l’uno verso l’altro, e tracima, cerco di vedere il territorio infido in cui ci inoltriamo. Dire di amare la lettura non ha un valore qualitativo. Può dire di amare la lettura chi ritiene, come me, Kafka il più grande scrittore del novecento e chi ritiene Faletti, il nome è preso a caso tra gli autori che si potrebbero definire da spiaggia (senza offesa), il più grande romanziere a cavallo del secolo. Possono dire di amare il cinema quelli che cercano in un film un impegno civile, politico, stilistico, narrativo o comunque un impegno e quelli che fanno la coda davanti alle sale quando proiettano i “film panettone” e/o i famosi colossal; etc. Chi ha ragione? I termini non stanno qui. Io non mi sento un “impegnato”. Indulgo spesso vittima della mia pigrizia. Mi distrae questo nostro amore di cui vorrei non perdere un solo attimo. Mi impaccia un momento della “Politica”, e dico Politica con la maiuscola e per intendere quella scienza degli ideali ma del possibile, molto difficile e di crisi. Essere impegnati trova significato nella parola stessa. Non basta essere attenti, non basta essere sensibili a questo e/o a quello, impegnarsi è partecipare. E’ dedicare tempo e fatica e con una certa continuità. E non è facile. I partiti stanno sempre più diventando dei contenitori vuoti atti a distribuire solo privilegi. Creano impacci e difficoltà di movimento quanto di identificazione. Frustrazione. Sai che mi sto interrogando su quali nuovi strumenti possono essere adatti e sul come metterli in atto. E perciò che mi sento di dire che nell’amore metto tutto il mio impegno, ma il mio impegno “civile” mi pare oggi, non solo per mia colpa, alquanto carente. Ancora, ma forse ancora per poco, i partiti restano i soggetti adatti a veicolare le politiche e a farsi portatori di esse. Alla fine il militante del voto si rifugia nella pancia molle dei grandi partiti. Cosa distingue uno dall’altro però è sempre più difficile da individuare. Eppure non possono omologarsi tra loro, non possono appiattire le differenze, sarebbe quella crisi epocale della politica spesso paventata. In una condizione simile definirsi “impegnati” rende il pregiudizio di portare ad una rendita snobistica. Se proprio debbo scegliere rischio di preferire quegli incontri fatti per spettegolare di certe riunioni politiche dove tutti hanno l’aria d’essere portatori di una propria grande verità e solo loro capaci di cambiare le cose e il mondo. Spesso alcuni nostri amici sono distratti per impegni personali gravi ed improrogabili, e “stanchi”. Non so fargliene una colpa. Essere così, noi, a volte ci rende ciechi e ci fa credere che il mondo sia così; non vediamo il disimpegno. Ignoriamo alcuni confini del dolore? Tutti tendono a creare un’immagine del mondo simile alla loro piccola fetta di mondo. Parlare all’alba dell’intimità della nostra cameretta del Debito non aiuta il debito e il mondo non sa nemmeno che ne abbiamo parlato. Non dico che dovremmo parlare meno in quella nostra camera con vista solo su noi. E allora, riprendendo senza polemica un frammento di commento, siamo tutti interisti. Il mondo invece è colà. Allora e spesso siamo stati stupidi. Non lo dico per riportare l’argomento sul tema degli affetti. Lo affermò perché alla fin fine è stata probabilmente l’unica volta in cui ho militato in una maggioranza. Il resto della mia storia è fatto di minoranze. A volte è stato accompagnato dall’impegno. Prima di questo noi, e di quello di allora, da un impegno sordo e non condiviso; vissuto intorno quasi alla stregua di una perdita di tempo. Quasi sempre vissuto e pagato con entusiasmo. Ma non è l’impegno l’asse portante di tutta l’architettura del discorso se è meraviglioso, per esempio, recarsi ad un concerto per provare le stesse emozioni. Ti saluto oggi con due parole d’ordine:
RESTIAMO UMANI.
OGGI E SEMPRE RESISTENZA.
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