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Uno dei logo dei referendum 2011Non ho nessun ruolo per azzardare un’analisi del voto. E’ solo che vorrei capire, ma che diritto ho io di pretendere di cercare di capire? Hanno perso tutti e ora cercano di perdere anche quelli che stanno festeggiando. Con quel tutti voglio dire i partiti. Nessuno certamente può prendersi il merito di questa vittoria. Magari hanno collaborato, strada facendo. Magari qualcuno, per i secondi due referendum, si è anche speso a raccogliere le firme. Non ho risposte. Solo dubbi. Una cosa è certa: i quesiti non avevano valore politico. E’ quel quarto quesito che mi frastuona.
La mia non appartenenza a partiti. Attenzione, questo non significa che non sia di parte, tutt’altro. Il mio non coinvolgimento diretto in un comitato. Tutto questo mi consiglierebbe un mite silenzio. Ma ho firmato, invitato, partecipato, collaborato, posto i miei 4 doverosi ““, infine goduto. Goduto come un porco. Proprio come nel vero senso della parola. Cosa mi spinge a chiedermi cosa è cambiato? Forse solo una speranza o una illusione. Forse un vizio.
Sicuramente è una vittoria degli italiani, delle genti di questo paese chiamato Italia. E’ sempre una vittoria degli elettori ad ogni elezione. Questa volta lo è di più. Trovo inutile tornare su quanto quel popolo si sia manifestato in piena autonomia e, anche, in aperto contrasto con il mondo della politica. Un mondo forse quest’ultimo che ha definitivamente e drammaticamente perso il rapporto con il paese reale. Un mondo che ha paura della piazza. Della gente. Della sua stessa gente. Che non sa tessere un rapporto con la realtà. Con quella famosa società civile. Con l’universo delle associazioni. Che non ha sensibilità per capire le “nuove” esigenze. Ma cosa spinge chi ha vinto a mutilare la vittoria?
C’è sempre quel quarto quesito che mi frastuona. Intono a me ho tutte persone di sinistra e tutte si sono spese per il “”. Senza risparmio. Ma è probabilmente un campione non attendibile. Si dice in giro che è una vittoria della “Rete”. La mia pagina di Facebook è invasa da richieste di dimissioni del Premier, e di bandiere rosse. Tutte, le une e le altre, del popolo del “”.Ma anche quello può essere un campione non significativo. I comunisti si mescolano solo tra loro. La televisione ci spiega che hanno votato, e perciò vinto, anche quelli del centro destra. Mi sento un po’ espropriato, è il prezzo delle vittorie di oggi che paiono sempre mezze sconfitte. I “” a questo quarto quesito però non mi sembrano un consiglio amichevole.
Roma – Piazza Bocca della Verità: giustamente i romani si ritrovano a festeggiare. Qualche bandiera “di parte” ma soprattutto vessilli referendari. E tanta gioia. E tanto orgoglio. Giustamente. Sono anche i miei sentimenti. Mi sento parte, piccola parte, di quel popolo. Il popolo del “se non ora quando” con cui mi sono mescolato. Il popolo di tante piazze che in tanti anni ho vissuto e gioito. I comitati, che paiono essere usciti dal niente, chiedono di essere loro i protagonisti, giustamente. Chi? Non vogliono il dialogo in televisione perché non accettano l’intrusione dei partiti, giustamente. Vogliono il palco. Loro hanno proposto i quesiti, almeno (in via quasi esclusiva) i primi due. Loro hanno fatto il lavoro duro, anzi tutto il lavoro. Ma chi rappresenta quei voti? Anche il mio? Lo rappresenta quel manipolo che attacca un unico politico: Bersani? Quelli che non accettano il dialogo con quella parte del servizio pubblico che è RAI3? C’è un unico nome o una elite di nomi che può rappresentare quel voto e che decide che la piazza non dialoga e non è politica? Di quella politica che è di parte e può essere persino ideologica pur non militando sotto una precisa bandiera? Cioè senza incrementare il mercato delle tessere?
E tutto come ieri? Non credo. E’ un voto privo di carattere politico e senza una ricaduta sull’assetto del potere? Non credo. Il dato finale non è patrimonio della sinistra ma, a mio modesto parere, ne contiene una gran parte. Di quella stessa sinistra che ama farsi male. Di quella sinistra che diventa mille sinistre e mai una vera. Qui potrei anche aver usato il termine di centro-sinistra. Non vedo istanze radicali in questa espressione di volontà che sono i “”. Se c’è una radicalità dovrà andarsi ad esprimere trasformando il risultato in politiche. Ed è a questo punto che è doveroso tornare alla piazza. A questa ed a ogni piazza. A quelle piazze che gridano insieme e che nel fare si muovono in mille individualismi e autonomie. Mi resta in gola la domanda: allora, sono tra chi ha vinto, tra chi ha perso o tra chi ha pareggiato? Nel mio comune siamo andati oltre il 60% e al successo ho partecipato anch’io che non sono né partito né comitato. Io, cittadino. E uomo di sinistra.

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