Sono stata cattiva. È colpa mia. Perché non ho ascoltato la mamma? Perché sono grande. So le cose. Ma lui è molto più grande, un gigante. Quando appare sono piccolina. Tanto piccola. Sono una stupida. Non è vero che sono grande. Perché ho ancora paura. Ho guardato sotto il letto, non c’era. Ho spento la luce, poi l’ho riaccesa, ed ero sempre sola. Ho tolto il cappotto dall’attaccapanni, ed è sparita quella stupida maledetta ombra.
Non è vero che è meglio con la porta chiusa. Lui deve aprirla quella porta. È solo un’ombra. Un’ombra nera. Io mi sveglio ma sto ancora sognando. Lo stesso incubo. Cerca di svegliarmi. Il brutto sogno è davanti al letto. Io grido ma mamma non sente. Io grido e il grido mi si soffoca in gola. Ho imparato a piangere in silenzio. Cerco di scappare, non sono abbastanza svelta. Cerco di dibattermi, non sono abbastanza forte. Lei mi aveva avvertito. Perché ora non mi crede? Lo so che è un segreto, ma alla mamma… Lei mi vede triste. Un po’ ho detto e un po’ m’è rimasto nella pancia. Mi ha detto che invento le cose. Che leggo troppo.
Avevo scordato: l’uomo nero può venire di notte, ma anche di giorno. E di giorno assomiglia a papà Giordano che sembra proprio lui. Però anche lui mi dice che sono la sua piccola bambolina. E mi dice che sono una bambina golosa. Sono stata stupida. Non dovrei raccontare le bugie. Ma non si possono dire i segreti. Non è vero? E non ti crede nessuno. Per i grandi sono solo una bambina sciocca. Ho troppa fantasia. Confondo i sogni con la realtà. Ma non ci credono nemmeno gli altri bambini. Mi prendono in giro. Ridono e dicono che sono pisciasotto. Che allora non ci giocano più con me. E io piango. E allora dico che va bene e non è vero. Non sono sogni. Il male è male vero. E non sono una pisciasotto. Io non dico le bugie.
Gocciola una cosa appiccicosa, è come marmellata, come un gelato al sole. Lascia piccole pozze. Io le vedo e quando c’è mamma quelle non ci sono. Cacca. O almeno lei non le vede. Eppure sono lì. Come se fossero vere. Ma quando c’è mamma quell’uomo non viene. E quando grido tremano le cose. E mi dice che le parole. Mi sculaccia. Mi mette nell’angolo. Mi sgrida perché le bambine alla mia età non la fanno più. E io invece ho ricominciato a bagnare il letto. Mi dice che non capisce. Che devo pulire io quello che sporco, perché non ha i soldi per portarmi dal dottore. Ma io non sono malata. Non ho la febbre. Ho solo paura quando sono sola. Quando viene il gigante.
La prima volta mi ha portato le caramelle. Non dovevo accettare. Ma non era come gli altri. Mi sembrava di conoscerlo. Di conoscerlo prima, non dopo. Le ho prese, quelle caramelle. Ho sbagliato, credevo di potermi fidare. Non era ancora diventato l’uomo nero. E l’avevo sempre chiamato come si chiamava, ma prima. Io credo che lui abbia la maschera. Che vuole che io creda che non è lui. Anche la mamma dice il suo nome. Lei però non sa. E quando lo dice già mi prende la paura. E tremo. E le devo dire che è per il freddo. Lei si preoccupa sempre che sia febbre. Non vorrei dirle le bugie, ma non posso dirle. Lui, l’altro, con lei è buono.
Con me è cattivo. E mi fa male. Anche le sue parole sono cattive. Anche quando ha la voce dolce le parole sono cattive. La voce è cattiva. Non mi piace. E puzza di fumo. Ma poche volte ha la voce dolce, le parole gli tuonano in gola. Lo so che non posso dire il suo nome. Se lo dico lui appare. E mi fa ancora più tanto male. Forse anche mi ammazza. Ma io non voglio che torni. Invece lui viene. Viene quando mamma non c’è. O quando mamma è in cucina. O sta facendo le faccende. Lui viene quando vuole. Quando sono in cameretta. Quando sono fuori, e mi porta in cameretta o nel granaio. Anche se sto giocando. È tanto forte. Non posso scappare. E le gambe non mi portano lontano. Sono come il legno, le gambe.
Mi dice ciao e gocciola. Gli gocciola anche la bocca. So che mi farà ancora sempre male. Mi viene da gridare ma non ho voce in gola. Vorrei dire Vattene; non ci riesco. Mi ruba le parole. E poi tutto diventa nero. Mi dice che devo fare la brava. Che sono una donna. Io non sono una donna. Sono solo una bambina, piccola. E mi fa tanto male.
La macchina nera
23 aprile 2018 di Mario
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